Animali domestici in condominio tra diritto di proprietà e regolamentazioni

Nel cuore del vivere collettivo, il diritto alla detenzione di animali domestici in ambito condominiale si annida tra i fili della complessa rete giuridica che regola i rapporti tra proprietari di unità immobiliari. La norma di riferimento in questa materia si ritrova nell’art. 1138 cod. civ. il cui quinto e ultimo comma, aggiunto con la legge 220/2012, recita: “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. Furono in molti a plaudire il principio del “divieto di vietare”. Anche le aule di giustizia si fecero portavoce di una interpretazione attenta alla necessità di valorizzare il rapporto uomo-animale, ravvisando nel divieto di detenere animali domestici nel proprio appartamento una menomazione non solo di un preciso diritto del condomino di disporre liberamente del proprio bene, ma anche di un suo diritto fondamentale di scegliere come vivere in rapporto con gli animali.
In effetti la disposizione di cui sopra pare sancire un precetto generale, naturalmente con i limiti dettati dal rispetto delle regole che governano il vivere nella collettività condominiale. Regole che si basano sul principio per cui il diritto di ciascun condomino di usare e di godere a suo piacimento dei beni comuni trovi limite nel pari diritto di uso e di godimento degli altri. Non ci sono dubbi che un cane munito di museruola che usi le scale al guinzaglio del suo padrone non arrechi pregiudizio ad alcuno, al pari del gatto che passeggi sul tetto dell’edificio. Diversa la situazione in cui un cane, ritenuto dal suo umano non aggressivo, venga lasciato libero di correre nel cortile condominiale o se si dia ospitalità a una colonia felina.
Qualche lettore potrebbe aver partecipato ad un’assemblea condominiale tenutasi per stabilire delle regole di condotta in ordine all’uso degli spazi e dei servizi comuni o al generale comportamento da adottare all’interno del complesso condominiale nel caso in cui si sia deciso di adottare un amico a quattro zampe. In effetti rientra nelle facoltà dell’assemblea deliberare in tal senso.
Sembrerebbe tutto chiaro, ma il testo della norma lo è solo in apparenza.
All’interno del quadro normativo delineato dall’art 1138 cod. civ., infatti, occorre distinguere tra regolamento di condominio contrattuale e assembleare. Il primo è frutto di un accordo tra tutti i condomini e può essere modificato solo con il consenso unanime di questi; il secondo, emanato dall’assemblea, necessita della maggioranza prevista per le delibere assembleari. La distinzione non è di poco conto, poiché i limiti imposti al diritto di detenzione degli animali domestici variano significativamente a seconda della tipologia di regolamento. Secondo il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità, il regolamento che esorbiti dalla potestà di gestione delle cose comuni attribuita all’assemblea, contenendo disposizioni che incidano sui diritti del comproprietario ovvero stabiliscano obblighi o limitazioni a carico del medesimo o ancora determinino criteri di ripartizione delle spese relative alla manutenzione diversi da quelli legali, ha natura di contratto plurisoggettivo, che deve essere approvato e modificato con il consenso unanime dei comunisti (Cass. civ., Sentenza n. 13632/2010). Sulla base di questa premessa, il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 2549/2022, ritiene che il divieto contenuto nell’art. 1138 cod. civ. si riferisca al solo regolamento assembleare, potendo, di contro, essere lecitamente contemplato nel regolamento approvato all’unanimità.
Discorso chiuso? Non proprio. Consideriamo la collocazione della norma.
La seconda parte del quarto comma dell’art. 1138 cod. civ. elenca una serie di articoli per dichiarare che le discipline ivi richiamate non possano in alcun modo essere derogate, neppure in base a regolamenti contrattuali. Il quinto e ultimo comma, che riguarda, appunto, il “divieto di previsione del divieto” di cui si tratta, sembrerebbe aggiungere in questa progressione logica una ulteriore materia, quella della detenzione di animali domestici, così sottraendola in modo assoluto all’autonomia privata dei condomini. In conclusione, nel panorama sfaccettato dei dubbi interpretativi, è auspicabile far ricorso ad un dialogo costruttivo e a soluzioni giuridiche che siano espressione di un ragionevole compromesso.

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