Condominio: mio, tuo, nostro

Recentemente mi è stato richiesto un parere relativo ad una vicenda complessa che vede coinvolto un condominio. Ad un certo punto della narrazione, il Cliente mi riferisce che la tubazione rotta, da cui è fuoriuscita l’acqua che ha originato una copiosa infiltrazione, si trova in quello che un tempo era il gabinetto di pertinenza degli alloggi ubicati sullo stesso piano della casa di ringhiera, attualmente dato in uso esclusivo ad un condomino. Precisa che la situazione si ripete per ogni piano della palazzina, aggiungendo che non vi è mai stata stata una convocazione e una deliberazione assembleare ad hoc in ordine all’attribuzione dei locali a singoli proprietari. In un successivo momento, studiando la documentazione consegnatami, scopro che, a fronte dell’utilizzo, detti condomini corrispondono un importo mensile a favore del condominio.
Questo antefatto introduce l’oggetto del mio intervento.
Nella nostra quotidianità utilizziamo in modo del tutto generico il verbo “usare” (un box, una cantina, un deposito condominiale), senza distinguere la ragione, ovvero il “titolo”, che legittima tale uso. E il titolo non è cosa secondaria per comprendere se l’utilizzo sia o meno legittimo.
Un locale condominiale può essere utilizzato da un singolo condomino con esclusione degli altri sia perché ne è divenuto proprietario, sia perché gli è stato concesso in uso esclusivo, sia perché ha stipulato un contratto di locazione con il condominio.
Queste strade sono tutte possibili e lecite, ma devono essere percorse tenendo conto del dettato normativo.
Prima di tutto, quali sono le parti comuni? Un primo elenco, meramente esemplificativo, lo troviamo nell’art. 1117 cod. civ.; inoltre, sono individuate negli atti d’acquisto e/o dal regolamento contrattuale. In linea di massima, è la funzione del bene, tanto quanto la sua destinazione, a connotarne la condominialità. Sappiamo che ogni condomino è proprietario pro quota dei beni comuni, con i diritti e i doveri che ne discendono.
La trasformazione in tutto o in parte un bene condominiale in bene di proprietà esclusiva o la sua concessione in uso esclusivo ad un condomino o ad un terzo estraneo al condominio può essere validamente deliberata soltanto all’unanimità.
Più in generale, tutti gli atti di autonoma disposizione (alienazione, costituzione di diritti reali, locazione ultranovennale, totale o parziale) della cosa comune sono consentiti solo all’unanimità perché incidono sui diritti individuali dei compartecipi. Oltretutto, il passaggio di proprietà altera anche la posizione dei millesimi dei vari condomini rispetto al fabbricato condominiale.
Il discorso per la locazione, sempre che sia inferiore a nove anni, è diverso.
Con la concessione in locazione non si perde la proprietà del bene e il conduttore non ne acquista il possesso, ma la mera detenzione. Ancora una volta, nel linguaggio comune non viene operato alcun distinguo tra termini giuridicamente distinti. Il possesso, ossia “il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale” (art. 1140 cod. civ.), presuppone la volontà di comportarsi come il titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale, mentre il conduttore detiene la cosa sapendo di poterlo fare sulla base di un valido titolo (contratto di locazione).
E’ utile rilevare come con la locazione di uno spazio comune, se da un lato i condomini perdono la possibilità di utilizzarlo, dall’altro realizzano un utile attraverso la riscossione del canone.
Per consolidata giurisprudenza, in questi casi è sufficiente il voto favorevole della maggioranza semplice, in quanto si tratterebbe di atto di amministrazione ordinaria finalizzato al miglior godimento delle cose comuni. Anche le locazioni ultranovennali di beni comuni non incidono sul potere di disposizione, ma sono soggette alla regola restrittiva dell’unanimità dei consensi sia in forza della loro efficacia nei confronti dei terzi acquirenti, sia perché sottraggono ai compartecipi la facoltà di godimento per un periodo notevole di tempo (art. 1108, III comma, cod. civ.).
In ultimo, non dimentichiamoci del fatto che anche un locale condominiale può essere usucapito attraverso il possesso esercitato in modo esclusivo, continuativo, uti domino, in modo pacifico ed incontrastato per vent’anni.

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