Clausole Vessatorie: un confronto tra Codice Civile e Codice del Consumo

Cosa sono le Clausole Vessatorie.

Le clausole vessatorie rappresentano un tema cruciale nel diritto civile e nei contratti tra consumatori e professionisti. La disciplina delle clausole vessatorie è regolata principalmente da due fonti normative: il Codice Civile (artt. 1341 e 1342 cod. civ.) e il Codice del Consumo (art. 33 seg. cod. cons.). Queste disposizioni mirano a tutelare le parti contrattuali più deboli, garantendo equità e trasparenza nei rapporti contrattuali.
In generale, potremo definire le clausole vessatorie come quelle condizioni che determinano uno squilibrio del contratto a vantaggio di un contraente e a sfavore dell’altro. Si trovano, con maggiore frequenza, nei contratti in serie o di massa o contratti per adesione (vedasi le “condizioni generali di contratto” formula che esprime il fenomeno pratico della preventiva e unilaterale formulazione di un contenuto negoziale uniforme, destinato ad essere utilizzato per disciplinare una serie indeterminata di rapporti facenti capo al predisponente) e nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari (“contratti tipo” impiegati per concludere una serie indefinita di rapporti. Ad esempio i contratti di fornitura o servizi).

Riferimenti normativi: Codice Civile e Codice del Consumo.

Clausole Vessatorie nel Codice Civile.

Il Codice Civile richiama le clausole vessatorie, o, meglio, “onerose”, nell’art. 1341 che disciplina le condizioni generali di contratto, disponendo che debbano essere specificamente approvate per iscritto quelle che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte:
a) limitazioni di responsabilità,
b) facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione,
ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente:
c) decadenze,
d) limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni,
e) restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi,
f) tacita proroga o rinnovazione del contratto,
g) clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
La necessità di una specifica approvazione scritta ha lo scopo di garantire che la parte aderente sia consapevole e accetti volontariamente tali condizioni sfavorevoli.
Questa norma si applica ai contratti conclusi tra professionisti o imprenditori (“business to business”) o tra consumatori (“consumer to consumer”).

Clausole Vessatorie nel Codice del Consumo.

Nel caso in cui uno dei contraenti sia un consumatore e l’altro un professionista o imprenditore, si deve far riferimento al Codice del Consumo, ossia al D. Lgs 6 settembre 2005, n. 206.
La disciplina consumeristica attiene, dunque, al caso in cui uno dei contraenti sia un consumatore e l’altro un professionista o imprenditore (“business to consumer”), dove per consumatore (o utente) si deve intendere la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta (art. 3, I comma, lett. a) cod. cons.) e per professionista la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario (art. 3, I comma, lett. c) cod. cons.).
In base all’art. 33 cod. cons., sono da considerarsi vessatorie quelle clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
La vessatorietà di una clausola è valutata:
1. considerando la natura del bene o del servizio oggetto del contratto;
2. facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione;
3. valutando le altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende;
ma non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile (art. 34, I e II comma, cod. cons.).
Benché oggetto di specifica trattativa, sono sempre considerate nulle le clausole che abbiano per oggetto o per effetto di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto (art. 36, II comma, cod. cons.).
In queste ipotesi “La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice” (art. 36, III comma, cod. cons.).

Lista grigia: presunzione di vessatorietà.

L’art. 33, II comma, cod. cons., riporta una corposa “lista grigia” di clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria. Sono tali quelle che hanno per oggetto, o per effetto, di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;
d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;
g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;
h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
l) prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;
m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto;
q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;
r) limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore;
s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;
t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;
u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;
v) prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore (fatto salvo il disposto dell’articolo 1355 del codice civile);
v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR;
v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.

Seguono, nei capoversi successivi, precise deroghe previste per determinate fattispecie contrattuali.

Clausole mai vessatorie e trattativa individuale.

Infine, non sono vessatorie (art. 34, III e IV comma, cod. cons.) le clausole che riproducono disposizioni di legge, quelle che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o l’Unione europea, e le clausole, o gli elementi di clausola, che siano stati oggetto di trattativa individuale.
Si badi: la trattativa deve esserecaratterizzata dai requisiti della serietà (ossia svolta mediante l’adozione di un comportamento obiettivamente idoneo a raggiungere il risultato di una composizione dei contrapposti interessi delle parti), della effettività (rispettosa dell’autonomia privata delle parti, non solo nel senso di libertà di concludere il contratto ma anche nel suo significato di libertà e concreta possibilità di determinarne il contenuto) e della individualità (dovendo riguardare tutte le clausole, o elementi di clausola, costituenti il contenuto dell’accordo, prese in considerazione sia singolarmente, oltre che nel significato desumibile dal complessivo tenore del contratto)” (Cass. civ., Sez. VI – 2, Ordinanza, 14/01/2021, n. 497).
Inoltre, nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore.

La presunzione di vessatorietà comporta la nullità della clausola in difetto di prova contraria da parte dell’imprenditore o del professionista sul fatto che non sia vessatoria o sia stata fatta oggetto di trattativa individuale.

Oltre al diverso ambito di applicazione, ulteriore differenza tra le clausole vessatorie del Codice Civile e quelle del Codice del Consumo è data dalla possibilità o meno di estendere in via analogica il loro elenco: possibilità negata per le clausole “onerose” contenute nell’art. 1341 cod. civ., considerate tassative, per cui si ammette esclusivamente un’interpretazione estensiva quando l’ipotesi non menzionata dalla norma rientri nella stessa ratio di quelle già previste, mentre è consentita per quelle di cui all’art. 33 cod. cons..
Sotto il profilo delle azioni esperibili, il consumatore può adire l’autorità giudiziaria, ma può anche ricorrere ad uno strumento di risoluzione delle controversie alternativo (ADR), presso un apposito organismo, può ricorrere ad una class action, ossia un’azione giudiziale esercitata dalle associazioni dei consumatori o, ancora, ottenere la tutela amministrativa ricorrendo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM).
Una volta ottenuta la declaratoria di nullità, il contratto rimane valido (salvo che risulti che le parti non lo avrebbero sottoscritto senza tale clausola), ma la clausola viene espunta.

Differenze tra le due discipline.

In estrema sintesi, ricordando il peso dei singoli casi nella valutazione della natura vessatoria della clausola e della validità del consenso prestato, le differenze tra la disciplina del Codice Civile (art. 1341) e quella del Codice del Consumo (artt. 33 e seg.) possono riassumersi:

a) Ambito di Applicazione.

– Codice Civile:

a) applicabile ai contratti tra professionisti o tra consumatori;
b) clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o nei contratti conclusi mediante moduli o formulari;

– Codice del Consumo:

a) specificamente orientato alla protezione dei consumatori nei contratti tra professionisti e consumatori;
b) clausole inserite nelle condizioni generali di contratto, nei contratti conclusi mediante moduli o formulari, nei contratti individuali predisposti unilateralmente dal professionista per un singolo affare.

b) Forma di Tutela.

– Codice Civile:

a) elenco tassativo delle clausole vessatorie;
b) la doppia sottoscrizione rende la clausola valida ed efficace;
c) la mancanza della doppia sottoscrizione comporta inefficacia/nullità;
d) le clausole sono valide ed efficaci se oggetto di espressa trattativa
e) l’interpretazione è a favore della parte debole (art. 1370 cod. civ.).

– Codice del Consumo:

a) elenco non tassativo delle clausole vessatorie;
b) le clausole devono essere formulate in modo chiaro e comprensibile;
c) l’interpretazione è a favore del consumatore;
d) clausole nulle anche con doppia sottoscrizione, se ritenute vessatorie;
e) l’accertamento della vessatorietà comporta la nullità della clausola;
f) non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale. La trattativa deve essere provata dal professionista o imprenditore e deve essere contraddistinta dai requisiti della serietà, della effettività e della individualità;
g) le clausole di cui all’art. 36, II comma, cod. cons. sono nulle anche se oggetto di espressa trattativa;
h) la nullità è sollevabile solo dal contraente debole e rilevabile d’ufficio;
i) è esperibile l’azione inibitoria.

Conclusioni.

Le clausole vessatorie rappresentano un argomento di cruciale importanza nel diritto contrattuale, e la loro regolamentazione riflette l’esigenza di bilanciare equamente i diritti e gli obblighi delle parti contrattuali. La disciplina del Codice Civile e quella del Codice del Consumo offrono strumenti complementari di tutela, adattandosi ai diversi contesti contrattuali e alle esigenze di protezione dei consumatori, ma presentano zone di ombra e lasciano spazio a interpretazioni difformi. Comprendere le differenze e le similitudini tra queste normative è essenziale per navigare efficacemente nel complesso panorama del diritto contrattuale e garantire una protezione adeguata ai soggetti più vulnerabili.

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