Il diritto di coabitare con l’animale domestico

Esiste un diritto di coabitare con il nostro amico a quattro zampe? Soprattutto, questo diritto, se esiste, può essere limitato e fino a che punto dal regolamento di condominio o, ancor prima, dal proprietario dell’immobile che conduciamo in locazione?

Premetto che, mentre per quanto riguarda il primo quesito la risposta è ormai pacifica, per il secondo il dibattito è ancora aperto. Andiamo con ordine.

Prima della riforma del 2012, non era raro imbattersi in regolamenti condominiali contenenti limitazioni o divieti alla detenzione degli animali domestici nei condomini.

Queste disposizioni, in quanto incidenti sul libero esercizio del diritto di proprietà esclusiva sui singoli appartamenti, erano considerate di natura contrattuale e come tali necessitavano, per essere valide e vincolanti, del consenso unanime dei condomini.

Il divieto di tenere animali negli appartamenti di un edificio condominiale, dunque, non poteva essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, pena la sua inefficacia anche nei confronti di quei condomini che, con il loro voto, avessero concorso alla approvazione della proibizione. Inoltre, per essere vincolante nei confronti del nuovo acquirente di un immobile dello stabile, il divieto avrebbe dovuto essere espressamente approvato nell’atto di acquisto o trascritto nei Registri Immobiliari. Il diritto di tenere nel proprio alloggio un animale, dunque, era considerato come una facoltà inerente l’esercizio del diritto di proprietà, per sua definizione pieno ed esclusivo, comprimibile solo in virtù di un atto di autonomia privata, inquadrato nella categoria della servitù reciproca.

La situazione oggi è diversa: le norme per loro natura si evolvono nel tempo recependo valori nuovi, tratti dalla mutata sensibilità delle coscienze, dei costumi sociali, delle istanze che sono espressione del contesto sociale.

Il Legislatore si è fatto portavoce del superamento della tradizionale concezione degli animali quali “mere cose”, valorizzando il rapporto uomo-animale e riconoscendo, attraverso il dettato dell’art. 2 Cost., un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia. Su questa scia, con il nuovo testo dell’art. 1138 cod.civ., è stato introdotto all’ultimo comma un inciso fondamentale: “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.

Considerato il richiamo costituzionale, appare evidente la portata del dispositivo non solo per il futuro ma anche per il passato con l’ovvia conseguenza della illegittimità dei divieti e delle limitazioni presenti nei regolamenti condominiali vigenti.

Quanto fino ad ora esposto potrebbe portare a ritenere nulle anche le clausole contenute nei contratti di locazione volte a limitare la detenzione di animali.

Allo stato dei fatti, però, nessuna norma vieta al locatore di prevedere nel contratto di affitto un divieto di detenere animali domestici.

Nel silenzio della legge, la risposta non è univoca: secondo alcuni, che si rifanno alla riforma condominiale e al principio di cui è espressione, una siffatta clausola dovrebbe ritenersi nulla; secondo altri, che non ritengono ipotizzabile l’applicazione analogica di quanto disposto per il condominio alle unità immobiliari di proprietà esclusiva, il divieto sarebbe del tutto lecito e vincolante, se ed in quanto espressione dell’autonomia negoziale delle parti contraenti, libere di determinare il contenuto del contratto; fermo restando, naturalmente, il rispetto delle regole imposte dalla legge.

Considerato che, in base all’art 1341 cod.civ.: “Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza” mi sento di consigliare, se si ha un animale o se si voglia tenere aperta la possibilità di averlo in futuro, di leggere con attenzione il contratto di locazione e, allorché sia presente un divieto esplicito, di discuterne con il proprietario prima di sottoscriverlo. E chi lo sa che, mostrandovi persone consapevoli della responsabilità che un animale comporta, non riusciate a fargli cambiare idea.

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