Diritto d’autore tra fotografie artistiche e semplici

“Postare” fotografie sui social è diventata una sorta di abitudine, ma anche condividere quelle di altri profili o utilizzare gli scatti reperiti nel web allegandoli ad articoli o ricerche pubblicate in rete.
Sempre lecito? Ovviamente no, ma “ovviamente” è uso, e se per un verso questo espone a giuste pretese da parte di chi ritenga e dimostri di essere stato leso in qualità di autore dello scatto, dall’altro mostra il fianco a richieste pretestuose.
La normativa di riferimento è data dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 – Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.
Il nostro ordinamento tutela l’autore di un’opera per il semplice fatto della sua creazione, a prescindere da qualsiasi forma di registrazione, documentazione o deposito, che restano meri, seppur utili, strumenti per costituire una prova in ordine alla titolarità dell’opera e alla data della sua creazione.
Secondo la legge, l’autore di un’opera vanta il diritto esclusivo di pubblicarla, di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, di riprodurla, di diffonderla, di distribuirla e porla in circolazione, di pubblicarla in raccolte e di modificarla, di noleggiarla e di concederla in prestito.
Oltre al diritto di utilizzarla nei modi di cui sopra, traendone un’utilità economica (diritto materiale), l’autore vanta sull’opera un diritto morale (cosiddetto diritto di paternità).
A tal proposito rimando alla lettura dell’art. 25771 cod civ. che, appunto, affianca questi due aspetti insiti nel diritto di autore: il diritto patrimoniale d’autore disciplinato dal 1° comma dell’articolo in commento, e il diritto morale d’autore disciplinato dal 2° comma.
Questo il quadro generale.
Per quanto attiene alle fotografie, la legge opera un distinguo tra le fotografie dotate di carattere creativo, tutelabili come oggetto di diritto d’autore, e le fotografie “semplici”, tutelabili come oggetti di diritto connesso ai sensi dell’art. 87 della summenzionata legge. Nessuna tutela è fornita alle fotografie di documenti, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili.
Il discrimine è costituito dall’elemento creativo che differenzia le prime (espressione di una personale visione della realtà dell’autore) dalle seconde.
Il quid creativo, come ben si può immaginare, non è un elemento obiettivo, né univoco, né facilmente ricavabile dalla giurisprudenza. Secondo i più, il requisito della creatività non può essere identificato con il valore artistico della fotografia, ma sussiste quando l’immagine fotografica presenta tratti individuali tanto marcati da far riconoscere l’impronta personale del suo autore.
Richiamo la recentissima sentenza del Tribunale di Roma, per cui: “La fotografia è creativa quando è capace di evocare suggestioni o comunque di lasciare trasparire l’apporto personale del fotografo e non si limiti a riprodurre e documentare determinate azioni o situazioni reali. L’apporto creativo deve potersi desumere da una precisa attività del fotografo, volta o alla valorizzazione degli effetti ottenibili con l’apparecchio (inquadratura, prospettiva, cura della luce, del tutto peculiari) o dalla scelta del soggetto (intervenendo il fotografo sull’atteggiamento e sull’espressione, se non creando addirittura il soggetto stesso), purché emerga una prevalenza del profilo artistico sull’aspetto prettamente tecnico. La professionalità nella cura dell’inquadratura e la capacità di cogliere in modo efficace il soggetto fotografato non sono quindi sufficienti a qualificare la fotografia come creativa, essendo invece a questo fine necessarie anche la originalità e la creatività della fotografia” (Tribunale di Roma, sentenza 28 marzo 2022, n. 4830).
Tralasciando le fotografie di scritti e documenti (ritenute non meritevoli di tutela), la dicotomia opere fotografiche – fotografie semplici implica un “duplice livello di protezione”. La differente tutela attiene alla (diversa) durata del diritto di utilizzazione economica dell’opera, al diritto morale (che secondo l’orientamento prevalente non dovrebbe essere concesso al fotografo che ha realizzato fotografie semplici) e alla necessità di indicare alcune formalità elencate all’art. 90 l.d.a. per le fotografie semplici.
Per quanto attiene alla durata, per le prime l’art. 32 – bis dispone che: “I diritti di utilizzazione economica dell’opera fotografica durano sino al termine del settantesimo anno dopo la morte dell’autore”, mentre per le seconde occorre far riferimento all’art. 92, per cui: “Il diritto esclusivo sulle fotografie dura vent’anni dalla produzione della fotografia”.
Nel caso in cui le fotografie siano soggette al regime giuridico delle fotografie semplici, il diritto esclusivo del fotografo, è subordinato alle formalità indicate all’art. 90 l.d.a., ossia gli esemplari delle fotografie devono riportare:
1) il nome del fotografo, o, nel caso previsto nel primo capoverso dell’art. 88, della ditta da cui il fotografo dipende o del committente;
2) la data dell’anno di produzione della fotografia;
3) il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata.
In difetto, prosegue l’articolo “[…] la loro riproduzione non è considerata abusiva e non sono dovuti i compensi indicati agli artt. 91 e 98 a meno che il fotografo non provi la mala fede del riproduttore”.
La giurisprudenza si pone in linea con il dispositivo.
Attenzione, dunque e, in caso di dubbio, rivolgetevi al vostro legale di fiducia.

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