Fondo cassa condominiale e vendita immobile

Il proprietario di un alloggio sito in un condominio sicuramente si è trovato a versare delle quote per la costituzione di un fondo cassa condominiale.

In linea generale possiamo distinguerne tre tipologie: fondo cassa per spese ordinarie; fondo cassa (o fondo spese) per la manutenzione straordinaria; il fondo morosi.
Una premessa mi pare opportuna: per orientamento unanime della giurisprudenza è inammissibile la costituzione di un fondo cassa condominiale per spese non determinate, né determinabili. Nelle aule dei Tribunali è stato ritenuto illegittimo, ad esempio, andare oltre la previsione di spesa annuale, o onerare i condomini di spese non accompagnate da un’urgente e specifica causale o destinazione.
Per quanto riguarda l’accantonamento rivolto ad assicurare le somme per procedere ad opere di manutenzione ordinaria o straordinaria, è ritenuto lecito quand’anche abbia ad oggetto interventi non ancora deliberati, laddove, però, gli stessi siano individuati e individuabili.

Il fondo cassa per spese ordinarie (in primis: manutenzione ordinaria e conservazione dei beni comuni; lavori di manutenzione non indicati nel preventivo da effettuare in futuro e di cui l’assemblea ha verificato la necessità) può essere costituito o per previsione del regolamento di condominio o con delibera dell’assemblea con il voto favorevole di tutti gli intervenuti in assemblea, rappresentanti oltre la metà del valore dell’edificio.

In ordine al fondo cassa (o fondo spese) per la manutenzione straordinaria e per le innovazioni, è da segnalare che, a seguito delle modifiche di cui alla L. n. 220 del 2012, tale costituzione è divenuta obbligatoria nel caso in cui sia necessaria tale tipologia di interventi; inoltre, in forza della modifica intervenuta con D.L. n. 145 del 2013, convertito in L. 21.2.2014, n. 9, il fondo può essere costituito anche per i singoli pagamenti, qualora da contratto sia previsto il pagamento non in un’unica soluzione, ma in base allo stato di avanzamento lavori (art. 1135, quarto comma, cod. civ).
La costituzione del fondo deve essere approvata dall’assemblea con la presenza di almeno la metà dei millesimi dell’edificio e il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
Da tenere distinto dal fondo cassa sopra descritto è quello per spese impreviste. I condomini potrebbero decidere spontaneamente di raccogliere una somma accantonandola in un fondo di riserva a cui attingere in caso di necessità. La giurisprudenza non vede con favore questa tipologia di accumulo principalmente per l’indeterminatezza dell’esercizio finanziario nel quale verrebbero a cadere i versamenti; per il superamento della dimensione annuale della gestione condominiale; per l’incertezza della la tipologia delle spese e del sistema di ripartizione applicabile; per l’impossibilità di determinare l’importo delle spese straordinarie. Per queste ragioni si tende a considerare fattibile la sua creazione soltanto attraverso una delibera unanime dei condomini.

Il fondo morosi. Purtroppo, si presenta con sempre maggior frequenza la situazione di uno o più condomini che non paghino le quote mensili. In questi casi o si attinge alla liquidità presente sul conto corrente del condominio (ammesso sia disponibile), o l’amministratore si attiva prontamente per il recupero coattivo del credito (ben consapevole delle lungaggini processuali), oppure, i condomini virtuosi possono deliberare un fondo cassa ad hoc in cui far convergere altro denaro per coprire le perdite del bilancio. Considerato che il nostro codice civile prevede all’art. 1123 che alle spese condominiali i proprietari partecipino in proporzione ai propri millesimi di proprietà, la Cassazione ritiene necessaria, per la costituzione di un fondo morosi, l’unanimità dei consensi, intesa come unanimità dei voti favorevoli di tutti i condomini e non solo dei partecipanti all’assemblea restando, pertanto, sufficiente un solo voto contrario o l’assenza di un solo condomino per non far passare la delibera. In assenza di costituzione del fondo, l’amministratore potrebbe chiedere un anticipo sui contributi futuri. In tal caso, per l’approvazione di tale manovra sarebbe sufficiente la maggioranza semplice. Resta fermo che, nella quanto meno improbabile ipotesi in cui alcuni condomini decidessero spontaneamente di anticipare le proprie quote, non ci sarebbe bisogno di alcuna votazione.

Orbene, se il condomino vende il proprio immobile, ha diritto a vedersi restituita la quota versata nel fondo cassa presente al momento della stipula? La risposta è negativa: una volta versate, le quote appartengono al condominio. Il fondo cassa condominiale, infatti, è un credito che segue l’immobile che, pertanto, viene automaticamente ceduto con la vendita o la donazione dell’appartamento condominiale, anche senza espressa menzione nell’atto di acquisto. Il venditore, pertanto, nulla può pretendere, né dall’amministratore, né dall’acquirente. Questo non esclude che alienante e compratore possano regolare i loro rapporti in modo autonomo stabilendo, ad esempio, che insieme al prezzo di acquisto sia dovuta anche la restituzione del credito verso il condominio stesso. Attenzione, però, a ricordarsi di farne esplicito riferimento nel rogito.

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