Divorzio all’italiana? Anche no…

Si è rivolta al mio studio una giovane donna chiedendo delucidazioni sulla procedura di separazione personale dal marito per sopravvenuta intollerabilità della convivenza. Fino a questo punto nulla di particolare, tenendo presente che “Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo” per citare Tolstoj, se non per il fatto che i coniugi siano di origine marocchina e la signora mi domandi se non sia possibile applicare la legge del Paese di origine, premesso che il codice di famiglia del Marocco (Moudawana) non conosce l’istituto della separazione e prevede il divorzio consensuale “con o senza condizioni”.

Prendendo spunto da questa vicenda per offrire alcune delucidazioni sul tema.

Nessun dubbio sulla giurisdizione italiana: l’art. 3 lett. a) Reg. UE 2201/2003, ricollega la competenza al luogo di residenza abituale dei coniugi. Inoltre, l’art. 8 del medesimo regolamento, per quanto riguarda la domanda di affidamento dei figli minori, rimanda al foro del luogo ove questi risiedono abitualmente. Per le domande di contenuto alimentare (contributo mensile al mantenimento), l’art. 3 Reg. UE 4/2009, rimanda alla giurisdizione italiana considerato che, tra i criteri di determinazione, prevede quello del luogo in cui il convenuto o il creditore risiedano abitualmente. Resta da esaminare il profilo della legge applicabile.

Per le questioni inerenti i rapporti genitori-figli, la Convenzione dell’Aja del 05.10.1961 e la L. 218/1995 sanciscono l’applicazione necessaria della legge italiana ogni qualvolta venga adito un giudice italiano. Per leobbligazioni alimentari, deve farsi riferimento alla legge dello Stato in cui i creditori hanno la residenza abituale, in virtù dell’art. 3 del Protocollo dell’Aja del 23.11.2007, quindi, nel nostro caso, l’Italia.

Ed ora veniamo al cuore della questione, relativo all’applicazione del diritto sostanziale di uno Stato estero per la procedura di separazione e/o divorzio.

La materia è disciplinata dal Regolamento UE 20.12.2010, n. 1259 (in vigore in Italia dal giugno 2012), valido ed efficace non solo nei confronti dei Paesi firmatari, ma applicabile, per il carattere universale sancito dall’art. 4 del Regolamento, a tutti i divorzi e le separazioni personali che “implichino conflitti di leggi”, anche se collegati con Stati membri non partecipanti o con Paesi terzi, esterni all’Unione. In base all’art. 5, i coniugi possono scegliere la legge applicabile alla separazione e/o al divorzio, seppure fra alcune leggi tassativamente previste, ossia: la legge dello Stato della loro residenza abituale comune al momento della scelta; la legge dello Stato della loro ultima residenza abituale comune, se uno di essi vi risiede ancora al momento della scelta; la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della scelta; infine, la legge del foro. La scelta deve essere condivisa e, fermi più severi requisiti eventualmente previsti da uno Stato, per essere valida deve essere redatta per iscritto, datata e firmata da entrambi i coniugi; può essere conclusa e modificata al più tardi nel momento in cui è adita l’autorità (salvo la legge del foro ammetta la modifica anche nel corso del procedimento). In mancanza di scelta, il regolamento adotta una serie di criteri di collegamento ordinati in scala gerarchica, per cui dovrà applicarsi (art. 8): la legge del paese in cui i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; la legge dell’ultima residenza abituale, purché uno dei coniugi risieda ancora in quel paese e l’altro non abbia cessato di risiedervi da più di un anno al momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; la legge della comune cittadinanza dei coniugi e, da ultimo, la legge del foro. Preciso che il Regolamento prevede tre limiti all’applicazione della legge richiamata, sia che essa sia stata scelta dalle parti, sia che sia stata determinata in base ai criteri posti dall’art. 8:

a) legge straniera che non prevede il divorzio o lo prevede a condizioni discriminatorie per uno dei coniugi (art. 10); b) la legge straniera si ponga in contrasto con l’ordine pubblico (art. 12);
c) la legge dello Stato membro partecipante non prevede il divorzio o “non considera valido il matrimonio in questione” (art. 13).

Non so quanto il Regolamento sia riuscito nell’intento enunciato di garantire ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità, la flessibilità e di impedire il “forum shopping”: ritengo sia impossibile per qualsiasi legge disciplinare ambiti in cui animosità e conflitti restano, purtroppo e troppo spesso, i veri protagonisti.

Potrebbero interessarti anche...