Compravendita immobile senza abitabilità: rischi per acquirente e venditore

Introduzione

Cosa succede quando un acquirente compra una casa che non può essere abitata? La compravendita immobile senza abitabilità rappresenta un tema centrale nel diritto civile, spesso causa di controversie giudiziarie. La Cassazione, con l’Ordinanza n. 32944 del 17 dicembre 2024, ha fornito chiarimenti importanti che riguardano sia i compratori sia i venditori.

Il caso concreto

La vicenda inizia nel 2004, quando un acquirente compra un immobile a Genova. Solo dopo il rogito scopre che la casa è priva del certificato di abitabilità. Non si tratta di una mera mancanza documentale, ma di un difetto strutturale: l’immobile non ha le altezze minime richieste dalla legge per essere considerato abitabile.

Le conseguenze sono immediate: il Comune nega il rilascio dell’abitabilità e l’acquirente si ritrova con un bene invendibile sul mercato.

L’acquirente, quindi, chiede in giudizio che i venditori eseguano i lavori necessari o, in alternativa, che il contratto venga risolto con restituzione del prezzo versato. Dopo una prima sentenza negativa, la Corte d’Appello ribalta la decisione, dichiarando la risoluzione del contratto e ordinando la restituzione della somma oltre interessi. I venditori ricorrono in Cassazione, sostenendo che per immobili costruiti prima del 1967 fosse sufficiente una semplice dichiarazione di conformità urbanistica ai sensi dell’art. 40, comma 2, L. 47/1985.

La posizione della Cassazione

La Suprema Corte conferma la sentenza d’appello, riconoscendo la fondatezza della domanda dell’acquirente. Nella motivazione opera una distinzione cruciale tra:

  • Garanzia per vizi (art. 1490 c.c.): applicabile quando il bene presenta difetti che lo rendono inidoneo all’uso o ne riducono il valore. In questi casi, la denuncia deve essere fatta entro otto giorni dalla scoperta e l’azione si prescrive in un anno.
  • Vendita aliud pro alio: si verifica quando il bene consegnato è radicalmente diverso da quello pattuito, al punto da non assolvere la funzione essenziale prevista dal contratto. Qui non si applicano i termini brevi, ma la disciplina dell’inadempimento contrattuale (artt. 1476 e 1453 c.c.), con prescrizione ordinaria decennale.

Compravendita immobile senza abitabilità

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che l’immobile senza abitabilità costituisse aliud pro alio, perché destinato ad uso abitativo ma privo delle caratteristiche minime di legge. Il difetto non era sanabile con interventi ordinari, derivando da violazioni strutturali delle norme urbanistiche sulle altezze minime.

L’assenza di abitabilità incideva quindi sulla commerciabilità e sulla funzione essenziale del bene, rendendolo sostanzialmente diverso da quello oggetto del contratto.

Effetti giuridici

Poiché si trattava di vendita aliud pro alio, non si applicano i termini di decadenza e prescrizione previsti per i vizi redibitori (art. 1495 c.c.). L’acquirente ha potuto agire per la risoluzione contrattuale entro dieci anni, ottenendo la restituzione del prezzo versato e gli interessi.

Tutela dell’acquirente e rischi per il venditore

Per l’acquirente, la giurisprudenza conferma il diritto a:

  • ottenere la risoluzione del contratto;
  • richiedere la restituzione del prezzo;
  • domandare eventuali risarcimenti aggiuntivi.

Per il venditore, invece, la mancanza di abitabilità comporta rischi notevoli:

  • azioni giudiziarie anche a distanza di molti anni;
  • restituzione delle somme ricevute;
  • possibili danni reputazionali e ulteriori pretese economiche.

Conclusioni pratiche

Il caso della compravendita immobile senza abitabilità dimostra quanto sia fondamentale verificare non solo la regolarità documentale ma anche la conformità sostanziale dell’immobile alle norme urbanistiche e ai regolamenti edilizi comunali. Per i venditori, la trasparenza è essenziale: dichiarare correttamente le condizioni del bene è l’unico modo per evitare gravi responsabilità.

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